#Buccinasco Caso “Parco Sud”, Cassazione: no a processo-fotocopia per Barbaro e Papalia

leggeugualeMilano, 5 agosto 2013 – No a un processo-fotocopia. Lo scrive la Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso giugno, ha annullato con rinvio, per un nuovo processo davanti alla Corte d’Appello, le condanne fino a 8 anni e 8 mesi per associazione mafiosa inflitte a sei imputati che, secondo l’inchiesta della Dda di Milano cosiddetta ‘Parco Sud’, avrebbero fatto parte del clan della ‘ndrangheta Barbaro-Papalia.

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I presunti esponenti della cosca, attiva in Lombardia, sono stati processati due volte a Milano per lo stesso reato di associazione di stampo mafioso, in contrasto con il ”principio del ‘ne bis in idem”’ che comporta ”il divieto di un secondo giudizio per il medesimo fatto nei confronti dello stesso imputato”.

In particolare, erano state annullate con rinvio le condanne per Domenico e Salvatore Barbaro – difesi dagli avvocati Ambra Giovene e Gianpaolo Catanzariti – per Domenico Papalia, Francesco Barbaro, Rosario Barbaro e Antonio Perre, difeso dal legale Maria Teresa Zampogna. I presunti affiliati alla cosca, infatti, come spiegano gli ermellini, erano già stati condannati in primo grado dal Tribunale di Milano nel giugno 2010 a seguito di un’altra inchiesta denominata ‘Cerberus’, con le condanne prima confermate in appello poi annullate con rinvio sempre dalla Cassazione e di nuovo ribadite in appello.

La Suprema Corte, come si legge nelle motivazioni, ha accolto uno dei ricorsi presentati dalle difese, le quali, in sostanza, ritenevano che il processo ‘Parco Sud’ vertesse sulla stessa presunta associazione mafiosa contestata nel dibattimento ‘Cerberus’, ”a prescindere dal diverso ambito applicativo dell’attività di predominio che, secondo l’accusa, si sarebbe estesa dal settore del movimento terra in edilizia all’attività’ di intermediazione” immobiliare.

Secondo la Cassazione, dunque, nel nuovo processo d’appello si dovrà valutare l’eventuale ”sussistenza” dell’associazione solo per un arco temporale di quattro mesi: quello che va dalla sentenza di primo grado ‘Cerberus’ (giugno 2010) a quella di primo grado ‘Parco Sud’ (ottobre 2010). ”Sin dall’inizio avevamo sostenuto l’identità delle due contestazioni associative mosse dalla Procura di Milano – hanno spiegato i legali Catanzariti e Giovene -. Adesso, la statuizione della Suprema Corte indica chiaramente la strada obbligata che dovrà percorrere il giudice di rinvio chiamato ad un’ulteriore decisione di merito sul punto”.

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