#BUCCINASCO I giovani profughi nella casa confiscata e la convivenza (quotidiana) con il boss

CORRIERE DELLA SERA – di Cesare Giuzzi – Se non fosse per quel cartellone con i nomi di tutte le vittime delle mafie attaccato al cancello d’ingresso, qui tutto sembrerebbe normale. Per quanto normale possa essere vivere con un boss della ‘ndrangheta come vicino di casa. Anzi quasi come padrone, visto che Sandro, Daniela e i loro sei «figli» acquisiti — profughi minorenni arrivati da Gambia e Mali — vivono nell’altra metà di casa Papalia, quella confiscata dallo Stato dopo le ultime indagini sul clan di Buccinasco.

Dopo essere stato scarcerato a maggio, il 66enne Rocco Papalia (11 condanne per 124 anni complessivi, 26 quelli scontati), è andato a vivere in via Nearco 6, nella casa dove già viveva la moglie Adriana Feletti. Una parte di quella villa (metà seminterrato e il primo piano) è però stato confiscato nel 2007 e da un paio d’anni ospita il progetto Sprar per minori (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) dell’associazione Villa Amantea di Trezzano sul Naviglio. Nella divisione burocratica degli spazi, il Viminale ha ottenuto il cortile sul retro, là dove c’era una nicchia con la statua della Madonna di Polsi e dove ancora fanno bella mostra i box con le porte blindate.

Lo stesso cortile dove sabato sera c’erano il neo sindaco Rino Pruiti, i volontari di diverse associazioni e i ragazzi di villa Amantea (anche il vicepresidente Nasir Ahmed, ex ospite) per il «Festival dell’impegno civile». Nel vicino parco il concerto dei Descargalab e l’intervento, in collegamento, del presidente di Resistenza anticamorra Ciro Corona. C’era, come ogni giorno, anche il boss Rocco Papalia, che vive invece nella porzione frontale della villa. Una presenza discreta: fino all’ultimo ha evitato fotografi e visitatori. Poi è uscito nel piccolo cortile davanti alla porta di casa: «È giusto ospitarli. Non danno fastidio. Certo, basta restare nei limiti di una convivenza civile — dice Papalia prima di rientrare —. Pensi che io vorrei fare volontariato, per impegnare il tempo e rendermi utile». Al boss — fratello degli ergastolani Domenico e Antonio, tutti condannati per omicidi e sequestri negli anni Novanta — sono stati confermati 5 anni di sorveglianza speciale. Ha l’obbligo di stare in casa dalle 22 alle 7 e (in teoria) di trovarsi un lavoro.

Venerdì, forse sapendo che sabato il cortile di casa avrebbe ospitato la manifestazione antimafia, Rocco Papalia e il genero hanno posizionato un paravento di canne di bambù lungo il corridoio che porta al retro del cortile. In quel punto la «divisione» tra le due case era quasi impercettibile. Eppure ad unire gli appartamenti dei Papalia e quelli dei giovani profughi (sui mobili e sugli elettrodomestici ci sono post-it con i nomi per aiutare i ragazzi ad imparare la lingua) c’è ancora molto: la bolletta dell’acqua e quella delle luci esterne. «Finora la convivenza è stata poco problematica — spiegano i responsabili della struttura —. Certo, fa una certa impressione sapere che dall’altra parte della parete del bagno, c’è un uomo che è stato detenuto per reati gravissimi che si sta lavando i denti come te. Sappiamo quello che dicono gli investigatori. Papalia è ritenuto socialmente pericoloso, ma non abbiamo mai avuto problemi». La curiosità in qualche modo è reciproca e anche il boss, più di una volta, è stato notato osservare quei ragazzi che uscivano per andare a scuola e abbozzare un mezzo sorriso.

I giovani profughi, un mese fa, avevano scritto una lettera al presidente onorario di Libera Nando Dalla Chiesa: «Ci sembra brutto che un boss della mafia venga a vivere vicino a noi. Il sindaco ci ha detto di stare tranquilli. Non siamo tranquilli». Le cose però sembrano essersi naturalmente sistemate in questo cortile dove convivono forzatamente due paradossi: lo Stato e (il presunto) antistato. Ma l’accoglienza finora ha vinto su tutto.

23 luglio 2017 | 09:41

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Un commento

  • el pret de ratanà

    Ma cosa gli ha risposto Nando Dalla Chiesa??
    “L’accoglienza finora ha vinto su tutto”. Sicuri?? Quale accoglienza e di chi? Non è che questi giovani profughi, (che diventeranno grandi) vengano poi corrotti dai vicini di casa? C’è solo un tramezzo che li separa.
    Ma Il sindaco gli ha detto di stare tranquilli. A loro.
    Noi non siamo tranquilli

    El Pret de Ratanà (Monumentale della città Campo 20 Tomba 93A lato ovest)