Il rimborso Imu e l’analfabetismo di ritorno
Autore: Galatea Vaglio – Website – @IlTweetdiGalatea
Sui vecchietti che si lasciano abbindolare in buona fede è difficile fare dell’ironia. Soprattutto perché, volenti o nolenti, dobbiamo accettare che essi sono lo specchio del paese, anzi probabilmente rappresentano appena la punta dell’iceberg: perché l’Italia, prima ancora che un paese di boccaloni pronti a credere ad ogni promessa elettorale, è, molto più semplicemente, un paese di analfabeti.
Già l’anno scorso il linguista Tullio de Mauro ha lanciato l’allarme: il 70% dei nostri connazionali non è in grado di capire il senso di un testo anche molto semplice: non si tratta di analfabeti “vecchia maniera”, quelli che non sapevano leggere e scrivere e venivano ai bei tempi andati presi in cura dal maestro Manzi: no, si tratta di persone che sono in possesso di una istruzione elementare, spesso – purtroppo – anche di attestato di terza media e persino di diplomi di scuola superiore. Ma messi di fronte ad un testo anche molto semplice – un articolo di giornale, il programma elettorale di un partito, un passo di romanzo – sono in grado di leggerlo ma non di capirne il senso.
I vecchietti che hanno scambiato il volantino berlusconiano per un reale avviso del Governo sono analfabeti di questo tipo: letto il testo, non ne hanno capito il senso, e non sono stati in grado di rendersi conto che non si trattava di un comunicato ufficiale, ma di propaganda. Da qui la corsa alle poste o al Caf per sapere quali moduli compilare per avere indietro i soldi dell’IMU.
Oggi in una videointervista a il Fatto Quotidiano De Mauro è tornato a sottolineare i problemi che una situazione culturale così devastante comporta per la democrazia in questo paese: sette italiani su dieci non sono semplicemente in grado di capire cosa viene loro detto e spiegato dagli organi di informazione, anche nel caso che questi facciano realmente – e accade di rado – un buon servizio. Un grafico di Ballarò, un approfondimento della Gabanelli, persino una scheda di Piero Angela risultano per loro assolutamente incomprensibili. Non sono il grado di valutare se nelle affermazioni del politico X ci sono contraddizioni, né di seguire ragionamenti complessi o decodificare alcun tipo di linguaggio tecnico: il risultato è che prendono decisioni sul voto da dare a questo o a quel partito sulla base della simpatia personale e istintiva verso questo o quel leader, o, peggio ancora, scelgono di votare il leader che usa slogan elementari, perché quelli sono l’unica comunicazione che essi sono in grado di comprendere.
In un periodo storico in cui al cittadino medio viene chiesto di votare su argomenti complessi, che richiederebbero un approfondimento notevole e una buona dose di senso critico per vagliare la reale portata e le implicazioni delle proposte dei vari partiti, il 70% degli Italiani non capisce, molto banalmente, nemmeno di che cosa si stia parlando.
Un simile disastro culturale inficia, in pratica, persino la validità delle scelte: gli elettori non hanno strumenti per esprimere un voto veramente libero, dal momento che manco sono in grado di sapere, di preciso, su che cosa debbano decidere. Persino l’avvento di internet e il moltiplicarsi dei canali di informazione in questo senso non può essere sufficiente ad una svolta: gli elettori senza strumenti linguistici possono anche vivere collegati alla rete e leggere centinaia di siti ogni giorno, ma, dal momento che non sono in grado di capire bene cosa leggono, o di rendersi conto se l’informazione che viene loro data in rete è buona o è una bufala, la situazione non cambia. L’incapacità di lettura, peraltro, è trasversale: non vi è più una classe di “poveri” che non capisce perché non ha avuto accesso allo scuole. Anche diplomati e persino laureati dimostrano spesso seri problemi nella valutazione e nella comprensione di testi semplici.
De Mauro giustamente sottolinea come il livello linguistico basso dei cittadini italiani a questo punto non è più solo un problema culturale. Si tratta infatti di un macigno che rischia di impedire qualsiasi tipo di sviluppo, democratico, ma anche economico. Un popolo che non sa leggere e capire quello che legge non ha nessuna possibilità di fare scelte consapevoli e razionali sul proprio futuro, di recepire nuove idee e di rielaborarle.
De Mauro accusa il “potere” di aver sempre tagliato in questi anni fondi alla scuola, perché per una classe dominante, in buona sostanza, un popolo ignorante che si può manovrare a suon di slogan è un sogno perfetto. Ma del disastro culturale italiano non solo la vecchia “classe dominante” è responsabile: c’è stata complicità a tutti i livelli, soprattutto fra coloro che hanno scambiato il diritto allo studio per un diritto generalizzato al “titolo di studio”, e, invece di investire, e pretendere che venissero fatti investimenti, in una scuola piena di docenti motivati e qualificati e che desse una vera formazione agli alunni, hanno preferito garantire a tutti un pezzo di carta senza valore come contentino.
Uscire da una situazione così tragica però è un problema arduo. Non è soltanto trovare i fondi per la digitalizzazione della scuola, o fare proposte bizzarre per costringere gli insegnanti a fare più ore di lezioni: significa che bisogna ripensare dalle fondamenta il sistema della istruzione e della formazione. Perché sette italiani su dieci che non sanno in pratica leggere non sono un problema culturale. Sono un problema politico ed economico. Per tutti.
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Insomma, allora Silvio non ci rimborsa l’IMU, ho bell’e capito. Che delusione, ormai ci facevo affidamento.
Roberto, tu 6 l’esempio che la teoria è giusta. Vale per tutti, anche per quelli che votano a sinistra per partito preso. Non è una questione di ignoranza. Del resto dovresti poi spiegare altrimenti perché le cose vanno così male per la nostra nazione Italia. 20 anni di Lega e Pdl al potere ci hanno reso migliori? Le scuole funzionano? Il lavoro ? La sanità? Nei risultati oggettivi c’è la risposta.
E’ anche verissimo che quelli che votano Grillo oggi hanno le stesse motivazioni di quelli che votavano Lega Nord qualche tempo fa, anche di questo tu 6 un esempio classico.
Prima padaniaaaaaaaaaaaaaaaa liberaaaaaaaaaaa ! Adesso: a casaaaaaaaaaa tutti a casaaaaaaaaaa ! Finito l’effetto degli slogan acchiappavoti di rabbia e rancore e frustrazione, che rimane???
Beh 47% non è 70%, ed è un dato di 10 anni fa..
Intendiamoci: sono assolutamente d’accordo sulla funzione fondamentale della scuola, sulla necessità di migliorare il ranking italiano nella classifica dell’istruzione (molto è stato fatto in passato, molto c’è ancora da fare).
Però quella classifica è essa stessa effetto della politica, buona o cattiva. Diretto e inequivocabile. Molto più complesso mi pare il rapporto inverso, cioè l’attitudine del popolo poco istruito a farsi gabbare dalla propria classe politica. A giudicare dall’attuale tsunami, e da quello precedente del ’92, direi che in Italia di gente che si fa abbindolare non ce n’è poi così tanta. Siamo troppo individualisti e attenti al nostro tornaconto. A me sembra che qua di fessi ce ne siano pochi. Piuttosto direi che il problema non sono i fessi, ma i furbi. Che di questa classe politica si sono sempre serviti per difendere i propri piccoli o grandi privilegi.
Guardatevi attorno per strada. Analfabeti funzionali? Io li chiamo in un altro modo..
Il che introduce al tema fondamentale, che NON è l’istruzione, ma l’etica.
Il problema, l’unico vero problema italiano è la questione morale. Forse perseguendo la scolarizzazione arriveremo anche alla moralità, ma sono due bersagli diversi, di questo son certo.
Quel 70% minimo di italiani che non sono in grado di comprendere le proposte e di discriminare rispetto a chi dice balle e chi no , sono anche maggioranza politica, quindi decidono sempre loro chi ci governa e chi sta all’opposizione, questo per me è una sciagura nazionale.
Paolo hai ragione quando dici che anche negli altri paese ci sono percentuali di analfabeti funzionali, ma un conto è averne un 10% che non sarà mai maggioranza, altro averne oltre il 50% !!! Prendiamoci ognuno le nostre colpe e facciamo qualcosa per cambiare questa situazione, altrimenti è inutile fare politica o proporre soluzioni intelligenti.
Con il termine analfabetismo funzionale si designa l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana. In generale, l’analfabetismo è l’incapacità di leggere o scrivere frasi semplici in una qualsiasi lingua. Si parla talvolta, meno comunemente, di illetteratismo, termine usato perlopiù in ambito scientifico. Quando si è analfabeti, non si è per nulla in grado di leggere o scrivere. In contrasto, chi è funzionalmente analfabeta ha una padronanza di base dell’alfabetizzazione (leggere e scrivere testi nella sua lingua nativa), ma con un grado variabile di correttezza grammaticale e di stile. In breve, quando sono posti di fronte a materiali stampati, gli adulti funzionalmente analfabeti non possono operare efficacemente nella società moderna e non possono svolgere adeguatamente compiti fondamentali come riempire una domanda d’impiego, capire un contratto legalmente vincolante, seguire istruzioni scritte, leggere un articolo di giornale, leggere i segnali stradali, consultare un dizionario o comprendere l’orario di un autobus. L’analfabetismo funzionale limita gravemente anche l’interazione con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ad es. usare un personal computer per lavorare efficientemente con un’applicazione per la videoscrittura, la navigazione web, i fogli di calcolo, o con un telefono cellulare).
risultati ottenuti nel 2009 dal Human Development Report usavano la percentuale di persone funzionalmente analfabete come una delle variabili per calcolare l’Human Poverty Index nei paesi sviluppati.[4]
Nazione
Persone
funzionalmente analfabete
(% con età 16–65)
1994–2003
Italia 47.0
Messico 43.2
Irlanda 22.6
Regno Unito 21.8
Stati Uniti 20.0
Belgio Fiandre (Belgio) 18.4
Nuova Zelanda 18.4
Australia 17.0
Svizzera 15.9
Canada 14.6
Germania 14.4
Paesi Bassi 10.5
Finlandia 10.4
Danimarca 9.6
Norvegia 7.9
Svezia 7.5
Paolo c’è bisogno di commentare?
Tu pensi che in Finlandia o in Svezia tutti i cittadini capiscano tutto? Andrà un po’ meglio, il 70% sarà 50% o ancora meno, ma la differenza vera è che là chi amministra pensa veramente al bene comune, e non al proprio.
Sappiamo molto bene di quali interessi e privilegi siamo stati in scacco per vent’anni. Ora basterebbe rimettere in mano le cose a persone per bene. E dici giusto: ce ne sono tante (e sono sì maggioranza, sono certissimo che lo sono anche in questo nuovo parlamento). Basterebbe che si parlassero.
Non credo Paolo, ci sono già tanti che si prendono a cura il bene di tutti, certo possono aumentare ma non saranno mai maggioranza. Il problema è per me invece far capire a TUTTI quali sono le proposte e le alternative, ma un popolo che non è in grado di capire sarà sempre vittima del demagogo di turno, dei populismi e dei candidati “più pilù per tutti” che è la stessa cosa che proporre 1.000 euro al mese per tutti o meno tasse per tutti.
L’unica speranza che vedo sono le giovani generazioni, la scuola e la cultura… ma sarà dura perché l’humus in cui crescono i nostri figli è lo stesso che ha generato questo “analfabetismo funzionale”.
Io ho letto tutto e ho capito.
Ma aggiungo che secondo me il problema non è portare tutti a capire tutto. E’ portare alcuni a prendersi cura del bene di tutti.
Anche i miei gatti non sanno leggere e non capiscono il tuo post. Ma io voglio bene ai miei gatti, e provvedo per i loro bisogni, do loro da mangiare, e faccio in modo che vivano, da gatti, pienamente e liberamente.
La nostra società non può pretendere che tutti capiscano tutto (rimando a una nota scritta giusto ieri sull’argomento http://www.facebook.com/notes/paolo-spada/giocattoli-e-democrazia/569017419782871?comment_id=6645655¬if_t=note_comment)
Ma si può pretendere che essa si prenda cura di tutti.
ma in quanti, anche qui, arriveranno a leggere tutto il post? E in quanti lo capiranno veramente?