ITALIA : TERRITORIO MARTORIATO

Di fronte al ripetersi di quelle che una classe dirigente affaristica e incolta si ostina a chiamare “calamità naturali“, un interrogativo a chi governa il Paese, ma anche all’opposizione, va posto: perché mai qualsiasi pioggia cada, normale o eccezionale che sia, le conseguenze per le persone e le cose sono sempre e comunque le più gravi?

L’intensità delle precipitazioni e la loro concentrazione ci confermano che è in corso un cambiamento del clima. A nulla però serve attribuire al clima che cambia le responsabilità delle tante tragedie che colpiscono il Paese. Soprattutto non è accettabile che il cambiamento climatico venga assunto a giustificazione da chi avrebbe dovuto agire per fermarlo, e non l’ha fatto perché ne ha sempre negato l’esistenza.

Inoltre non è solo l’incapacità di governare le manifestazioni del clima che cambia la causa di tante devastazioni. Anzi più si guarda e si va a fondo della questione e più emergono le vere colpe: i nostri territori sono incapaci di assorbire le piogge perché la speculazione e l’abusivismo li hanno ricoperti di cemento e asfalto; le aree di pertinenza dei nostri fiumi, in cui dovrebbero espandersi le piene, sono invece costruite, coltivate o occupate da opere “grandi” quanto inutili; le nostre colline sono spesso spianate da un’agricoltura industriale ed eccedentaria.

Il buon Bertolaso, siamo certi, sarà già corso nei territori colpiti e di fronte alle proteste chiederà scusa, come Matteoli, per i disagi che la popolazione ha dovuto patire. Soprattutto chiederà a Berlusconi di costruire nuove opere idrauliche con cui, affermerà, sarà possibile governare fiumi e frane.

Si continua a non capire che il problema della estrema vulnerabilità del territorio italiano non lo si risolve aggiungendo cemento a cemento, cioè con nuove, costose e inutili opere.

La messa in sicurezza dell’Italia e degli italiani non richiede opere, ma decisioni politiche coraggiose, capaci di mettere in discussione gli usi sbagliati e speculativi di terra e acqua, che governi nazionali e locali hanno autorizzato.

Per la sicurezza delle italiane e degli italiani servirebbe un segnale chiaro, una decisione politica che Terra e tanti ambientalisti suggeriscono da tempo ai nostri governanti: anziché costruire un inutile Ponte fra Reggio Calabria e Messina, o le pericolose centrali nucleari che “Stranamore” Scaiola vuole imporre a tutti i costi al popolo italiano, spendete quelle risorse per il riassetto idrogeologico del territorio.

La principale, unica, opera pubblica di cui l’Italia necessita.

Sappiamo che questa decisione non la prenderete, perché si tratta di un’opera pubblica che non richiede cemento ma prevenzione, e quindi investimenti nella conoscenza dei territori, in servizi tecnici, in una diffusa manutenzione e cura della terra e delle acque.

E, perché no, in qualche demolizione, piuttosto.

Massimo Serafini da Terra