NON CONSUMO DI TERRITORIO , NON CONSUMO DI NUOVI SPAZI
Una ricerca della Regione Lombardia informa che il territorio antropizzato della Lombardia è passato dal 4,2% del 1955 all’8,1% del 1980 e al 14,1% del 2007, che vuol dire da 100 mila a 330 mila ettari circa del territorio lombardo (del quale soltanto il 60% è di pianura e collina) è di fatto ormai antropizzato e la tendenza continua , mentre la media nazionale è del 7,1%.
I terreni agricoli sono scesi dal 56% del totale nel 1954 al 44% del 2007. Gli abitanti della Lombardia erano 6,5 milioni nel 1954 , oggi sono 10 milioni.
Tra il 1955 e il 1980 sono stati cementificati/antropizzati in media 3759 ettari all’anno , tra il 1980 e il 2000 in media 5663 ettari all’anno , tra il 2000 e il 2007 in media 4271 ettari all’anno.
Non solo la pianura è stata antropizzata ma anche le valli lombarde sono state invase dal cemento, basta pensare alla Valtellina che dal 2000 ha visto costruire l’equivalente di 3 città come Sondrio (20,4 Km quadrati)
L’unico numero che non cambia è la superficie totale della Lombardia: 2 milioni e 400 mila ettari.
Per territorio antropizzato si intende la percentuale di territorio occupato da case,strade,ferrovie e infrastrutture varie.
Il territorio antropizzato sono le case per le famiglie e i figli, le fabbriche per la nostra civiltà economica e il nostro lavoro. Il disordine e lo scempio del paesaggio sono però l’esito di piani regolatori voluti e approvati dalle autorità regionali e comunali che noi abbiamo eletto.
Ma non si può andare avanti così : “Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un pazzo , oppure un economista” (Kenneth Boulding , 1966)
Considerazioni generali
La distruzione del suolo è un processo irreversibile. Il suolo è estetica del paesaggio e attrattiva turistica ma soprattutto produzione alimentare,depurazione dei reflui organici,sequestro di CO2,filtro delle acque potabili,produzione di materie prime vegetali.
Il consumo dissennato del suolo è un caso di tragedia del bene comune , quando ci si accorge del guasto è ormai troppo tardi per ripararlo. Una saggia pubblica amministrazione ha il dovere di evitare la massimizzazione temporanea del profitto che deriva dalla dilapidazione del bene comune “suolo”, limitato e non rinnovabile. La sterminata colata cementizia di capannoni,zone industriali artigianali,piani di insediamento produttivo,cittadelle commerciali,ipermercati ,”outlet” è tuttora in atto.
Nel secolo scorso il consumo di territorio è stato in larga parte funzionale alle necessità del commercio e dell’industria. Da una ventina d’anni si può invece osservare un parossistico processo speculativo dove l’edificazione del suolo non risponde più a effettive necessità industriali o commerciali ma a costruzioni “ a priori” che puntano al cambiamento del valore fondiario e alla creazione di una offerta anche in assenza di domanda specifica. Imprese di costruzione,proprietari terrieri,pubblici amministratori hanno cambiato destinazione del suolo da agrario a edificabile per profitti rapidi,incuranti di ogni conseguenza futura ,anche in aree con case e capannoni vuoti e disponibili , coperti da cartelli “Vendesi” o “Affittasi”.
Si potrebbero fare mille esempi ma uno è ben in vista per tutti coloro che percorrono l’autostrada Milano-Genova, andando verso Genova sulla sinistra , tra Tortona e Serravalle Scrivia. Hanno da anni costruito un grande capannone vuoto e inutilizzato ,isolato in una bella zona agricola. Costruito per venderlo come una merce qualsiasi ma nessuno lo vuole.
Pochi giorni di ruspe ,gru, betoniere ,rete rossa dei cantieri, treppiede giallo del geometra,e un suolo coltivato da millenni viene distrutto e sostituito con un manufatto edile . Distrutto per sempre perché rifare il suolo naturale non è possibile , almeno in tempi umani.
Siamo il paese che produce più cemento in Europa : oltre 700 Kg a testa all’anno.
Conclusioni
Una pubblica amministrazione responsabile dovrebbe puntare sulla utilizzazione di terreni già edificati o marginali,sul restauro delle costruzioni esistenti , sul recupero di aree abitative o industriali dismesse, sull’abbattimento di vecchie costruzioni rinnovando il parco edilizio con nuove costruzioni a ridotto consumo energetico. Costruire su terreno agricolo o comunque verde dovrebbe essere l’eccezione giustificata da ragioni inderogabili .
lettera firmata
Si Andrea D., anch’io la penso così, per questo volevo sviluppare il ragionamento sul “social housing” legandolo al nuovo PGT, se si riesce a trovare un equilibrio sul piano economico allora si possono fare delle belle cose… sto studiando gli esempi migliori che ci sono stati in Italia, alcuni casi mi sembranto talmente riusciti e interessanti che stento quasi a crederci (ovviamente sono quasi tutti in Emilia Romagna).
Ciao Rino, è vero che si possono dare risposte immediate senza avere una pianificazione e una chiara visione del futuro (e in passato probabilmente è stato fatto troppo spesso e con troppa leggerezza), ma il fatto di avere questa fondamentale consapevolezza non implica che non si debbano dare risposte contingenti, significa solo che le scelte devono essere inserite in un piano di sviluppo sostenibile nel lungo periodo. Le due cose non sono, a mio avviso, inconciliabili.
Sugli affitti ribadisco che si può tentare di intervenire con sostegni alle famiglie e chiedendo riforme normative che rendano più appetibile l’affitto (riforme, queste, che ovviamente non possono essere attuate dall’amministrazione locale), minimizzando il bisogno di nuove costruzioni. Senza contare che le politiche abitative di cui parli, apprezzabili e condivisibili negli intenti, a mio avviso non dovrebbero essere frutto di una visione meramente locale, ma inserite in un contesto più ampio di pianificazione territoriale che preveda anche una compartecipazione agli sforzi e ai costi.
Si Andrea D., ma se vogliono mantenere l’alloggio vuoto comunque che si fa? Si requisisce? Mica siamo in Unione Sovietica… ho citato il dato (che è già vecchio) per far capire che il problema non si risolve costruendo altro cemento uguale e consumando prezioso territorio.
Risposte contingenti? Si certo, ma pensando solo al presente guarda come siamo finiti, la politica deve fare lo sforzo di pensare soprattutto sul lungo periodo , dando risposte immediate ai bisogni reali delle persone ma anche cercando di cambiare una filosofia di vita demenziale che ci porta allo spreco, che inquina e che non può essere “sviluppo sostenibile”.
Sono sconcertato! Davvero! Si riesce a polemizzare, per puro gusto di polemica ed evidentemente senza aver letto quello che ho scritto, anche quando
Dove sarebbe il mio sostegno ai costruttori?
Il mio discorso riguarda il fatto che la tutela e il non consumo di suolo nella ns. Buccinasco, che approvo, da soli non risolvono un problema più ampio che ha avuto origine anche dalla mobilità all’interno della Regione e dai cambiamenti sociali ed economici. Ma forse mi sono spiegato male oppure il discorso era troppo complesso.
Per il resto, invece, non condivo, se non in minima parte, il secondo intervento di Rino: se ci sono 600 appartamenti sfitti (su poco più di 10.000 famiglie di Buccinasco, cioè circa il 6% dello stock abitativo) non c’è bisogno di nuove costruzioni, ma al limite di interventi di sostegno alle famiglie e di una razionalizzazione delle leggi sugli affitti che oggi rendono più conveniente tenere l’appartamento vuoto piuttosto che affittarlo. Mentre non condivido affatto la parte del discorso riguardante la mobilità, per una mia visione che parte da un’analisi dall’esistente e dalla necessità di risposte contingenti e non da ipotetiche ed idilliache situazioni da età dell’oro. Per il futuro si può anche ragionare in modo diverso, ma non possiamo dimenticarci del presente. Ma questo è un altro discorso.
Andrea sa fare considerazioni scontate e perfettamente inutili. Forse può trovare ascolto in altri blog, visto che ignora volutamente il numero di appartamenti vuoti o invenduti a Buccinasco e si ostina a richiamarsi ad una logica da sostenitore dei costruttori.
Andrea D., tu scrivi : “Perché a fronte dell’aumento del numero di veicoli occorre provvedere con strade e parcheggi“, ecco, forse il problema sta tutto in questa frase, stiamo ancora cadendo nell’errore di assecondare politiche di sviluppo sbagliate e devastanti. Politiche urbanistiche che ci stanno portando allo sfacelo, vedi i recenti casi drammatici della Liguria e della Sicilia. Si costruisce e si fanno scellerate scelte solo per “assecondare” dei bisogni creati ad arte e delle speculazioni fine a se stesse.
Scendendo nel concreto come mi piace sempre fare: a Buccinasco (stando bassi) ci sono almeno 600 appartamenti liberi, non affittati e non usati da nessuno. Che senso ha costruire ancora? Per chi? Perchè?
Quello che serve sono politiche territoriali serie, invertire la situazione, piano piano ma con serietà e costanza.
Che abitazioni servono veramente oggi a Buccinasco per soddisfare i bisogni dei suoi Cittadini? Servono principalmente due tipologie: l’edilizia convenzionata per chi può comprare e le case in affitto popolare (max 300 euro al mese), per il resto non c’è ne richiesta ne necessità.
Io credo che il futuro sia il “social housing” : « è una risposta all’accentuarsi del fabbisogno abitativo in emrgenza per la crisi, un modo per sostenere e integrare le proposte pubbliche e per rispondere a quella fascia di popolazione che non riesce ad accedere al mercato ma non è così povera per poter accedere all’edilizia popolare».
Il significato letterale dell’espressione inglese social housing è “edilizia sociale”, che, per estensione, diventa “ciò che attiene all’offerta sociale di abitazioni”.
In estrema sintesi i modi di realizzazione degli alloggi sociali, tra loro anche complementari, sono quattro:
1. attraverso l’azione di soggetti pubblici che provvedono direttamente alla costruzione degli alloggi;
2. attraverso l’azione di operatori in-house, separati dal soggetto pubblico che ha potere di controllo; l’operatore lavora esclusivamente per il soggetto pubblico in un ambito territoriale di competenza predefinito;
3. attraverso l’azione di operatori indipendenti strutturato secondo le regole degli operatori no-profit;
4. attraverso operatori di mercato legati da un contratto temporaneo con obblighi coerenti con quelli del servizio pubblico.
Si può fare senza consumare nuovo suolo? Secondo me si, decisamente si.
Il Comune deve essere protagonista in questo? Si , certo! Soprattutto deve essere il regista.
Gli aspetti da affrontare per far decollare interventi di social housing diretti ad ampliare l’offerta di soluzioni abitative, di natura permanente o temporanea, sono:
a) la disponibilità dell’immobile da recuperare a costo basso o nullo,
b) la ricerca di risorse economiche private non speculative,
c) l’individuazione degli operatori interessati,
d) l’attivazione di forme di gestione da affiancare a quelle tradizionali, che tengano in considerazione la necessità di accompagnamento sociale e di reinserimento dei soggetti nelle reti di coesione sociale.
ne riparleremo bene :-)
Pardon rettifico la percentuale di suolo antropizzato è più che triplicata (nello scrivere ho erroneamente fatto riferimento al dato del 1980 e non a quello del 2007).
Condivido pienamente le preoccupazioni contenute nell’articolo e, nel caso specifico di Buccinasco, la posizione di Rino, tuttavia i dati, così come sono stati presentati, sono a mio avviso incompleti e potrebbero dare un quadro distorto della realtà a livello globale.
E’ vero che, stando ai dati, la percentuale di suolo antropizzato è praticamente raddoppiata a fronte di un aumento della popolazione di solo il 35%, però per una miglior comprensione del fenomeno occorrerebbe prendere in esame anche altri dati: la composizione e la numerosità delle famiglie, perché è evidente che, ad esempio, per una sola famiglia di 6 persone c’è bisogno di una casa, per tre famiglie (rispettivamente di 3,2 e 1 componente) ne servono tre! Quanti erano i veicoli circolanti nel 1955 e quanti sono ora? Perché a fronte dell’aumento del numero di veicoli occorre provvedere con strade e parcheggi. Da ultimo, ma non meno importante, come è cambiata la distribuzione della popolazione sul territorio? I miei familiari e quelli di mia moglie sono tutti originari di comuni lombardi. Hanno lasciato il loro luoghi di origine e sono venuti a Milano e dintorni. Sono state necessarie nuove abitazioni per accoglierli e i comuni che hanno lasciato, in diversi casi, oggi hanno una popolazione nettamente inferiore a quella di 50 anni fa. Ma le vecchie abitazioni sono ancora tutte là.
E’ possibile riconvertirle a verde? Molto difficile, quasi impossibile, e, in ogni caso, estremamente costoso! E anche ammesso che si possa fare, chi dovrebbe pagare? Non certo i pochi residenti rimasti nei comuni “spopolati”!
Se davvero ci sta a cuore il non consumo di suolo credo che sia un problema da porsi per il prossimo futuro, in un’ottica che ovviamente travalica i confini di Buccinasco.
Ringrazio questo lettore. Condivido il 100% del testo. Ribadisco che se vinciamo le elezioni comunali “noi” (Lista + coalizione csx) saremo esattamente come si chiede:
Una pubblica amministrazione responsabile dovrebbe puntare sulla utilizzazione di terreni già edificati o marginali,sul restauro delle costruzioni esistenti , sul recupero di aree abitative o industriali dismesse, sull’abbattimento di vecchie costruzioni rinnovando il parco edilizio con nuove costruzioni a ridotto consumo energetico. Costruire su terreno agricolo o comunque verde dovrebbe essere l’eccezione giustificata da ragioni inderogabili .