Paolo Borsellino eroe della Repubblica italiana 19 luglio
Paolo, Noi ti ricordiamo, ma non è solo una commemorazione, ricordiamo anche noi stessi perché siamo qui a fare politica e spesso a soffrire, ricordiamo a noi stessi che ne vale sempre la pena, specialmente a Buccinasco Italia è sempre stato così e, purtroppo, sempre sarà così: o noi o loro! O NOI O LORO.
ABBIAMO UN FARDELLO DI LEGGI FATTE A POSTA PER PESCARE LA PIU ADATTA ALLA CONTINUITà DEL CRIMINE NEL NOME DELLA GIUSTIZIA PROCEDURALE.
PROVATE A CHIEDERE IN GERMANIA QUANTE LEGGI PENALI O CIVILI ANNO.!
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Big Bamboo, è facile da capire dai, basta che vai su google e leggi, oppure leggi questo blog dall’inizio… certo ci vuole tempo e fatica, è vero. Non eroi ma semplicemente gente che fa la sua parte in maniera “normale”. Le mafie a Buccinasco non sparano più, usano altri mezzi e tanti utili idioti… presto lo capirai pure te ;-)
Quando il nostro vicedelsindaco parla di mafie, col “petto in fuori come per dire”colpitemi dritto al cuore. Sono anch’io un eroe”. “O NOI O LORO”.sa tanto di demagogia.
Un “Déjà vu” che si ripete negli anni ad ogni commemorazione.
“I politici a parole sono contro ad ogni tipo di mafia, ma nei fatti sono i primi ad esserne i corrotti.
Non certo il nostro Preclaro, sia chiaro uno, dei primi a chiedere la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano. Uno che gira ancora con la scorta, sotto minaccia costante.
http://www.rinopruiti.it/index.php/2008/11/11/buccinasco-cittadinanza-a-roberto-saviano-2/
Che fine ha fatto codesta petizione?
E la frase storica:
“O NOI O LORO”. Come porebbe essere interpretata da Noi profani Taracchi?
“O NOI O L’ORO”.??
A saperlo
Bisogna accostarsi con rispetto a quei 57 giorni della nostra storia che vanno dal 23 maggio al 18 luglio 1992, un rispetto che deve prescindere dalla retorica, dalle passerelle o da quel modo stantio e forse ormai puzzolente che è stato sino ad oggi concepire l’antimafia.
Tutto ciò che è “Anti”, dopo un po’, o diventa qualcosa di assolutamente positivo o necessariamente raggiungerà livelli di ipocrisia tali da necessitare l’antitesi dell’anti.
In questi anni, dal 1992, in troppi si sono messi al riparo di quei due grandi uomini chiamati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, uomini che hanno segnato un’epoca, che con il loro lavoro credevano che le cose sarebbero potute cambiare anche e soprattutto dopo di loro.
Ma la loro eredità è stata fatta a pezzi, con ogni tipo di speculazione si sono preservate posizioni, potentati, si sono create altre “industrie” legate a doppio filo con l’immagine pulita che stare sotto la bandiera dell’”Antimafia” garantiva.
Gli unici che forse avrebbero dovuto e potuto proseguire il percorso di quelle idee che, come diceva il dottor Falcone, camminano sulle gambe degli uomini che verranno, erano gli stessi familiari i quali, probabilmente, per la loro purezza di idee e di animo da quel concetto “commerciale” di antimafia sono stati schiacciati.
Nel palazzo di Giustizia di Palermo con fragore risuonano le parole del Dott. Manfredi Borsellino, figlio del magistrato e funzionario di Polizia che con orgoglio annoveriamo tra i ranghi della Polizia di Stato, parole che ci richiamano ad archiviare l’antimafia “commerciale”, quella dei veleni e delle speculazioni, per tornare all’antimafia della cultura, della rinascita, per quella Sicilia che merita, in quanto terra unica e meravigliosa, di sentire quel fresco profumo di libertà e di legalità.
Domani celebriamo quel tragico 19 Luglio 1992, domani ricordiamo il Dott. Paolo, la sua scorta, rivedremo le immagini di quella via D’Amelio a Palermo ridotta peggio della Baghdad della Guerra del Golfo.
Domani per la prima volta le autorità più importanti, quali sono i figli del grande magistrato, si dice non parteciperanno alla passerella commerciale disconoscendo così ciò che è diventato un certo modo di concepire l’antimafia.
E noi che ancora ci emozioniamo con una lacrima che spunta ogni qual volta che ricordiamo quel filo unico e indissolubile che inizia a maggio e finisce a luglio speriamo che davvero sia giunto il momento di restituire a quei due grandi giudici il loro effettivo ruolo, non quello di icone commerciali, su cui mettere tutto utilizzandoli anche come scudi, ma quello di grandi uomini che per la loro terra e i loro irrinunciabili valori hanno donato a noi tutti e alla Sicilia la loro stessa vita.
Con loro gli uomini di scorta, i nostri colleghi della Polizia di Stato, onorati e consapevoli dei rischi che correvano ma che non hanno mai pensato ad abbandonare quel ruolo scomodo e pericoloso perché, in fondo, proteggevano gli unici individui che in quel momento rappresentavano la parte migliore dell’essere Italiani.
Onori a loro che per un ideale hanno affrontato un così grave destino.
In Giacca Blu – Michele Rinelli