«Solo la ‘Ndrangheta porta ordine nei cantieri lombardi», relazione parlamentare choc
Il SOLE 24ORE – Padroncini, proprietari e gestori calabresi di camion presenti «pressoché in tutti i cantieri» lombardi, ancor prima che un problema giudiziario, «rappresentano un problema socio/politico», in quanto «massa di manovra delle famiglie calabresi operanti al Nord».
Era tempo che non si leggeva un’analisi così cruda del Parlamento, come quella della Commissione d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che oggi presenterà a Milano la relazione conclusiva sulla Lombardia alla presenza, tra gli altri, del sindaco di Milano Giuliano Pisapia e del capo della Procura Edmondo Bruti Liberati.
In quelle 340 pagine ci sono parole pesanti come macigni. Del resto in provincia di Milano si è in presenza di un oligopolio di imprese provenienti dal Sud e, in particolare dalla Calabria, che hanno conquistato il mercato del movimento terra, del noleggio dei ponteggi, delle demolizioni e dei calcestruzzi, in quanto sono in grado di praticare prezzi più bassi, visto che non osservano regola alcuna in qualunque settore (penale, civile, amministrativo e tributario) e, dunque, sono in grado di praticare prezzi più bassi rispetto agli imprenditori onesti.
Tutti i provvedimenti esaminati in questi anni dalla Commissione parlamentare presieduta da Gaetano Pecorella mettono in evidenza il ruolo che i clan calabresi esercitano sui “padroncini calabresi”, intervenendo a regolare il numero dei carichi di “terra mista” (composta di sassi e sabbia e utilizzata nel settore edilizio per i riempimenti), di grande valore commerciale, che ciascun padroncino può effettuare. Ciò al fine di non pregiudicare il carico/scarico di “terra non mista” e di rifiuti da demolizione e da scavo – privi di valore commerciale e per di più gravati da oneri di smaltimento – che i padroncini sono tenuti ad effettuare nei vari cantieri di competenza del clan mafioso di turno ma che, nell’assenza di un particolare tornaconto, fanno di tutto pur di sottrarsi.
Accadeva infatti – e sicuramente accade tuttora, specifica senza lasciare adito a dubbi la Commissione parlamentare – che nei cantieri occupati dai “padroncini calabresi” vige l’anarchia, «posto che costoro, quando operano in modo indipendente, organizzano il lavoro esclusivamente secondo i propri interessi, e non secondo le esigenze dei cantieri in cui lavorano, con la conseguenza che caricano sui loro camion esclusivamente “terra mista” di qualità, abbandonando in loco le macerie e la “terra sporca”».
L’intervento di autorevoli esponenti delle varie famiglie mafiose, i Barbaro, gli Strangio, i Romeo, i Paparo e i loro sodali, «era ed è tuttora in grado di riportare l’ordine». In caso contrario il committente si trova esposto alla mercé dei singoli padroncini, ciascuno dei quali si accaparra il lavoro più conveniente, diventando sostanzialmente ingestibile.
La conclusione incredibile per uno stato di diritto è che «solo la ‘ndrangheta è in grado di imporre una disciplina nei cantieri in cui operano i padroncini calabresi e, tuttavia, si tratta di disciplina che ha un costo, posto che i capi cosca effettuano trattenute sulle prestazioni dei cosiddetti padroncini da loro chiamati a lavorare nei cantieri di cui hanno acquisito il controllo». In tal modo, l’organizzazione mafiosa esercita sui padroncini un controllo gerarchico.
Naturalmente, la ‘ndrangheta interviene anche sullo smaltimento delle macerie e della “terra sporca”, posto che lo smaltimento viene effettuato in modo assolutamente illegale e, cioè non nelle apposite discariche ma nei siti più disparati con conseguente inquinamento di cave, terreni e falde, con il coordinamento delle famiglie mafiose in costante contatto telefonico con ciascun autista per suggerire siti ed evitare i controlli dei Carabinieri o dell’Arpa.
In questo contesto il passaggio della ‘ndrangheta dal settore economico a quello politico diventa molto breve e del tutto automatico – scrive d’un fiato la Commissione parlamentare che come relatori per la Lombardia ha avuto l’onorevole Gennaro Coronella e la senatrice Daniela Mazzuconi – anche in virtù dei consensi elettorali che la ‘ndrangheta è in grado di procacciare e il riferimento ai padroncini calabresi della stessa Commissione non è casuale. E questo spiega i rapporti tra i mafiosi e alcuni referenti politici a livello regionale, così come è emerso in numerose inchieste giudiziarie.
Del resto, è almeno dagli anni Ottanta che la presenza incontrastata della ‘ndrangheta nel movimento terra è un fatto acquisito. Diceva il collaboratore di giustizia Salvatore Morabito nel corso del processo “Nord-Sud” chiuso in primo grado il 10 giugno 1997 a Milano: «Credo che sia il caso di ricordare che l’organizzazione di cui facevo parte era, e lo è ancora oggi, di puro carattere mafioso. Nonostante i maggiori esponenti si trovino in carcere in questo momento, essa continua a proliferare in ogni campo».
Ancora oggi, come emerge chiaramente dai procedimenti penali in corso – conclude la relazione – ciò è assolutamente vero ed è reso possibile dalla particolare struttura con cui la ‘ndrangheta opera, anche nel Nord, posto che pur tra contrasti interni e individualismi vari, «la ‘ndrangheta coniuga una disciplina di stampo paramilitare con rapporti di carattere familistico e di sangue, sempre rigorosamente tra calabresi».